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dir troppo, a me pareva di trarnelo, e sommo era il conforto che indi sentiva.

Nell’anno 1829 ammalò, poi dovendo assumere altri impegni, non potè più venire da noi. Ce ne spiacque altamente; ma avemmo la buona sorte, che a lui seguisse altro dotto ed egregio uomo, l’abate Ziak, vicecurato.

Di que’ parecchi sacerdoti tedeschi che ci furono destinati, non capitarne uno cattivo! non uno che scoprissimo volersi fare stromento della politica (e questo è sì facile a scoprirsi)! non uno, anzi, che non avesse i riuniti meriti di molta dottrina, di dichiaratissima fede cattolica e di filosofia profonda! Oh quanto ministri della Chiesa siffatti sono rispettabili!

Que’ pochi ch’io conobbi mi fecero concepire un’opinione assai vantaggiosa del clero cattolico tedesco.

Anche l’abate Ziak teneva lunghe conferenze con noi. Egli pure mi serviva d’esempio per sopportare con serenità i miei dolori. Incessanti flussioni ai denti, alla gola, agli orecchi lo tormentavano, ed era nondimeno sempre sorridente.

Intanto la molt’aria aperta fece scomparire a poco a poco le macchie scorbutiche di Maroncelli; e parimenti Munari ed io stavamo meglio.