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noi si riunissero anche, un giorno, placati, coloro che non ci amavano.
Lo scorbuto, negli anni precedenti, aveva fatto molta strage in quelle prigioni. Il governo, quando seppe che Maroncelli era affetto da quel terribile male, paventò nuova epidemia scorbutica e consentì all’inchiesta del medico, il quale diceva non esservi rimedio efficace per Maroncelli se non l’aria aperta, e consigliava di tenerlo il meno possibile entro la stanza.
Io, come contubernale di questo, ed anche infermo di discrasia, godetti lo stesso vantaggio.
In tutte quelle ore che il passeggio non era occupato da altri, cioè da mezz’ora avanti l’alba per un paio d’ore, poi durante il pranzo, se così ci piaceva, indi per tre ore della sera sin dopo il tramonto, stavamo fuori. Ciò pei giorni feriali. Ne’ festivi, non essendovi il passeggio consueto degli altri, stavamo fuori da mattina a sera, eccettuato il pranzo.
Un altro infelice, di salute danneggiatissima, e di circa 70 anni, fu aggregato a noi, reputandosi che l’ossigeno potessegli pur giovare. Era il signor Costantino Munari, amabile vecchio, dilettante di studi letterari e filosofici, e la cui società ci fu assai piacevole.