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a poco divenni capace di meditarvi più fortemente, e di sempre meglio gustarlo.

Siffatta lettura non mi diede mai la minima disposizione alla bacchettoneria, cioè a quella divozione malintesa che rende pusillanime o fanatico. Bensì m’insegnava ad amar Dio e gli uomini, a bramare sempre più il regno della giustizia, ad abborrire l’iniquità, perdonando agl’iniqui. Il Cristianesimo, invece di disfare in me ciò che la filosofia potea avervi fatto di buono, lo confermava, lo avvalorava di ragioni più alte, più potenti.

Un giorno avendo letto che bisogna pregare incessantemente, e che il vero pregare non è borbottare molte parole alla guisa de’ pagani, ma adorar Dio con semplicità, sì in parole, sì in azioni, e fare che le une e le altre sieno l’adempimento del suo santo volere, mi proposi di cominciare davvero quest’incessante preghiera: cioè di non permettermi più neppure un pensiero che non fosse animato dal desiderio di conformarmi ai decreti di Dio.

Le formole di preghiera da me recitate in adorazione furono sempre poche, non già per disprezzo (chè anzi le credo salutarissime, a chi più, a chi meno, per fermare l’attenzione nel

Vol. I 2