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fummo pur debitori d’aver finalmente la messa, che prima ci si era sempre negata dicendoci che non poteano condurci in chiesa, e tenerci separati a due a due, siccome era prescritto.
Tanta separazione non potendo mantenersi andavamo alla messa, divisi in tre gruppi; un gruppo sulla tribuna dell’organo, un altro sotto la tribuna, in guisa da non esser veduto, ed il terzo in un oratorietto guardante in chiesa per mezzo d’una grata.
Maroncelli ed io avevamo allora per compagni, ma con divieto che una coppia parlasse coll’altra, sei condannati, di sentenza anteriore alla nostra. Due di essi erano stati miei vicini nei Piombi di Venezia. Eravamo condotti da guardie al posto assegnato, e ricondotti, dopo la messa, ciascuna coppia nel suo carcere. Veniva a dirci la messa un cappuccino. Questo buon uomo finiva sempre il suo rito con un Oremus implorante la nostra liberazione dai vincoli, e la sua voce si commovea. Quando veniva via dall’altare, dava una pietosa occhiata a ciascuno de’ tre gruppi, ed inchinava mestamente il capo pregando.