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poco da mangiare, mi disse una volta il barbiere, un giovinotto praticante del nostro chirurgo.

— È verissimo, risposi schiettamente. —

Il seguente sabato (ei veniva ogni sabato) volle darmi di soppiatto una grossa pagnotta bianca. Schiller finse di non veder l’offerta. Io, se avessi ascoltato lo stomaco, l’avrei accettata, ma stetti saldo a rifiutare, affinché quel povero giovine non fosse tentato di ripetere il dono; il che alla lunga gli sarebbe stato gravoso.

Per la stessa ragione, io ricusava le offerte di Schiller. Più volte mi portò un pezzo di carne lessa, pregandomi che la mangiassi, e protestando che non gli costava niente, che gli era avanzata, che non sapea che farne, che l’avrebbe davvero data ad altri, s’io non la prendeva. Mi sarei gettato a divorarla, ma s’io la prendeva, non avrebb’egli avuto tutti i giorni il desiderio di darmi qualche cosa?

Solo due volte, ch’ei mi recò un piatto di ciriegie, e una volta alcune pere, la vista di quella frutta mi affascinò irresistibilmente. Fui pentito d’averla presa, appunto perché d’allora in poi non cessava più d’offrirmene.