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condiscendenza che s’andava formando, finimmo per potere ogni giorno conversare assai, senza che alcun superiore più avesse quasi mai a garrirci.
Ci legammo di tenera amicizia. Mi narrò la sua vita, gli narrai la mia; le angosce e consolazioni dell’uno divenivano angosce e consolazioni dell’altro. Oh di quanto conforto ci eravamo a vicenda! Quante volte, dopo una notte insonne, ciascuno di noi andando il mattino alla finestra, e salutando l’amico, ed udendone le care parole, sentiva in core addolcirsi la mestizia e raddoppiarsi il coraggio! Uno era persuaso d’essere utile all’altro, e questa certezza destava una dolce gara d’amabilità ne’ pensieri, e quel contento che ha l’uomo, anche nella miseria, quando può giovare al suo simile.
Ogni colloquio lasciava il bisogno di continuazione, di schiarimenti; era uno stimolo vitale, perenne all’intelligenza, alla memoria, alla fantasia, al cuore.
A principio, ricordandomi di Giuliano, io diffidava della costanza di questo nuovo amico. Io pensava: — finora non ci è accaduto di trovarci discordi; da un giorno all’altro posso di-