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altrui: non lo so nemmeno positivamente io, a dir vero; ma l’assicuro che spesse volte il veder piangere mi fa male. E talora fingo d’essere allegro affinchè i poveri prigionieri sorridano anch’essi.

― Mi viene, buon uomo, un pensiero che non ho mai avuto: che si possa fare il carceriere ed essere d’ottima pasta.

― Il mestiere non fa niente, signore. Al di là di quel voltone ch’ella vede, oltre il cortile, v’è un altro cortile ed altre carceri, tutte per donne. Sono... non occorre dirlo... donne di mala vita. Ebbene, signore, ve n’è che sono angeli, quanto al cuore. E s’ella fosse secondino...

― Io? ― (e scoppiai dal ridere).

Tirola restò sconcertato dal mio riso, e non proseguì. Forse intendea, che s’io fossi stato secondino mi sarebbe riuscito malagevole non affezionarmi ad alcuna di quelle disgraziate.

Mi chiese ciò ch’io volessi per colezione. Uscì, e qualche minuto dopo mi portò il caffè.

Io lo guardava in faccia fissamente, con un sorriso malizioso che voleva dire: «porteresti tu un mio viglietto ad altro infelice, al mio amico Pietro»?. Ed egli mi rispose con un altro