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Capo LXII.

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Ci si facevano intanto i vestiti da prigioniero. Di lì a cinque giorni, mi portarono il mio.

Consisteva in un paio di pantaloni di ruvido panno, a destra color grigio, e a sinistra color cappuccino; un giustacuore di due colori egualmente collocati, ed un giubbettino di simili due colori, ma collocati oppostamente, cioè il cappuccino a destra ed il grigio a sinistra. Le calze erano di grossa lana; la camicia di tela di stoppa piena di pungenti stecchi, — un vero cilicio: al collo una pezzuola di tela pari a quella della camicia. Gli stivaletti erano di cuoio non tinto, allacciati. Il cappello era bianco.

Compivano questa divisa i ferri a’ piedi, cioè una catena da una gamba all’altra, i ceppi della quale furono fermati con chiodi che si ribadirono sopra un’incudine. Il fabbro che mi fece questa operazione disse ad una guardia, credendo che io non capissi il tedesco: — Malato com’egli è, si poteva risparmiargli questo giuo-