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— Pazienza!, dissi.

Io diceva "Pazienza!" ma non trovava modo di giacer così sulle tavole, senza neppure un guanciale: tutte le mie ossa doloravano.

Alle ore undici, mi fu portato il pranzo da un condannato, accompagnato da Schiller. Componevano il pranzo due pentolini di ferro, l’uno contenente una pessima minestra, l’altro legumi conditi con salsa tale, che il solo odore metteva schifo.

Provai d’ingojare qualche cucchiajo di minestra: non mi fu possibile.

Schiller mi ripeteva: — Si faccia animo; procuri d’avvezzarsi a questi cibi; altrimenti le accadrà, come è già accaduto ad altri, di non mangiucchiare se non un po’ di pane, e di morir quindi di languore. —

Il venerdì mattina, venne finalmente il dottor Bayer. Mi trovò febbre, m’ordinò un pagliericcio, ed insistè perch’io fossi tratto di quel sotterraneo e trasportato al piano superiore. Non si poteva, non v’era luogo. Ma fattone relazione al conte Mitrowsky, governatore delle due provincie, Moravia e Slesia, residente in Brünn, questi rispose che, stante la gravezza del mio male, l’intento del medico fosse eseguito.