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Capo XLVIII.

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Era mio unico pensiero il morire cristianamente e col debito coraggio. Ebbi la tentazione di sottrarmi al patibolo col suicidio, ma questa sgombrò. — Qual merito evvi a non lasciarsi ammazzare da un carnefice, ma rendersi invece carnefice di sé? Per salvar l’onore? E non è fanciullaggine il credere che siavi più onore nel fare una burla al carnefice, che nel non fargliela, quando pur sia forza morire? — Anche se non fossi stato cristiano, il suicidio, riflettendovi, mi sarebbe sembrato un piacere sciocco, una inutilità.

— Se il termine della mia vita è venuto, m’andava io dicendo, non sono io fortunato, che sia in guisa da lasciarmi tempo, per raccogliermi e purificare la coscienza con desiderii e pentimenti degni d’un uomo? Volgarmente giudicando, l’andare al patibolo è la peggiore delle morti: giudicando da savio, non è dessa migliore delle tante morti che avvengono per malattia, con