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Capo XLII.
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Benedissi un’altra volta davvero la solitudine, ed i miei giorni passarono di nuovo per alcun tempo senza vicende.
Finì la state; nell’ultima metà di settembre, il caldo scemava. Ottobre venne; io mi rallegrava allora d’avere una stanza che nel verno doveva esser buona. Ecco una mattina il custode che mi dice avere ordine di mutarmi di carcere.
— E dove si va?
— A pochi passi, in una camera più fresca.
— E perchè non pensarci quand’io moriva dal caldo, e l’aria era tutta zanzare, ed il letto era tutto cimici?
— Il comando non è venuto prima.
— Pazienza, andiamo. —
Bench’io avessi assai patito in quel carcere, mi dolse di lasciarlo; non soltanto perchè nella fredda stagione doveva essere ottimo, ma per tanti perchè. Io v’avea quelle formiche, ch’io amava e nutriva con sollecitudine, se non fosse