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Se n’andò; ed io guardando quella carta bianca, mi sentiva venire la tentazione di scrivere un’ultima volta a Giuliano, di congedarlo con una buona lezione sulla turpitudine dell’insolenza.

— Bella tentazione! dissi poi, rendergli disprezzo per disprezzo! fargli odiare vieppiù il Cristianesimo, mostrandogli in me cristiano impazienza ed orgoglio! — No, ciò non va. Cessiamo affatto il carteggio. — E se lo cesso così asciuttamente, non dirà colui del pari, che impazienza ed orgoglio mi vinsero? — Conviene scrivergli ancora una volta, e senza fiele. — Ma se posso scrivere senza fiele, non sarebbe meglio non darmi per inteso delle sue risate e del nome di scherzo ch’egli ha gratificato alla mia lettera? Non sarebbe meglio continuar buonamente la mia apologia del Cristianesimo? —

Ci pensai un poco, e poi m’attenni a questo partito.

La sera spedii il mio piego, ed il mattino seguente ricevetti alcune righe di ringraziamento, molto fredde, però senza espressioni mordaci, ma anche senza il minimo cenno d’approvazione nè d’invito a proseguire.

Tal biglietto mi spiacque. Nondimeno fermai di non desistere sino al fine.