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stomaco voto, e passate in sì dolce esaltazione, mi pareano troppo benefiche, da non dovermele procurare sovente. Perciò, anche senza aver bisogno di carta dal secondino, prendeva non di rado il partito di non gustare un boccone a pranzo, per ottenere a sera il desiderato incanto della magica bevanda. Felice me quand’io conseguiva lo scopo! Più d’una volta mi accadde che il caffè non era fatto dalla pietosa Zanze, ed era broda inefficace. Allora la burla mi metteva un poco di mal umore. Invece di venire elettrizzato, languiva, sbadigliava, sentiva la fame, mi gettava sul letto, e non potea dormire.

Io poi me ne lagnava colla Zanze, ed ella mi compativa. Un giorno che ne la sgridai aspramente, quasi che m’avesse ingannato, la poveretta pianse, e mi disse: — Signore, io non ho mai ingannato alcuno, e tutti mi danno dell’ingannatrice.

— Tutti? Oh sta a vedere che non sono il solo che s’arrabbii per quella broda.

— Non voglio dir questo, signore. Ah s’ella sapesse!... Se potessi versare il mio misero cuore nel suo!...