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or di questo or di quel punto di metafisica, di morale, di politica, di religione, e quando tutto era pieno, tornava a leggere e rileggere, poi a raschiare.
Non volendo avere alcuna ragione d’impedimento nel ridire a me stesso colla più libera fedeltà i fatti ch’io ricordava e le opinioni mie, e prevedendo possibile qualche visita inquisitoria, io scriveva in gergo, cioè con trasposizioni di lettere ed abbreviazioni, alle quali io era avvezzatissimo. Non m’accadde però mai alcuna visita siffatta, e niuno s’accorgeva ch’io passassi così bene il mio tristissimo tempo. Quand’io udiva il custode o altri aprire la porta, copriva il tavolino con una tovaglia, e vi mettea sopra il calamaio ed il legale quinternetto di carta.