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mana natura esscre assolutamente divina; mentre testifica l'huomo esser frà tutti gli animali ò solo, ò più di tutti partecipe della divinità, con che ragione potrà negare l’huomo esser similissimo à Dio? Da questa ragione convinto penso io, che nominasse egli la noftra, mentre cognata degl'Iddij, et con esso loro strettamente d'affinità congiunta. Scorse ne’successori Filofofi tanto Greci, quanto Latini la medesima opinione, onde Sesto Empirico deputante contro i Matematici che negavano Iddio, non altronde seppe meglio la sapienza, di quel divino Artefice argomentare, che dalla imagine suà in noi impressa. Et appresso L.Seneca si legge, che’l Savio (eccettuata la morte) è vicinissimo, e somigliantissimo à gl’Iddij. Ne' Poeti Gentili parimente de’ Filosofi studiosi sfavillò un raggio di questa istessa cognitione. Quindi Arato questo emistico lasciò scritto. Ipfius enim Iovis genus sumus. E che altro volle accennare Ovidio, quando descrivendo la procreatione degli huomini, cantò,

Finxit in effigem moderantum cuncta deorum?

Che Manilio nell'Astrologia dottissimo, il qual con maggior gravità l’espresse

Exemplum Dei quisque est in imagine parua?

Ma dall’ombre filosofiche passiamo hoggimai all'aperta luce del Theologico Sole, dove non hanno però infimo luoco gli oracoli delle Sibille, le quali di divino spirito accese, molte cose future stimati haver predette, et molti celesti misteri haver mi