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La M v * i c a rmto già alta caniciedell’vltinia era , dice fi ha* ucre apprefo à fonar la cctera.Queftione intiero à chi più noo sà rnalageuole da r folue re,poiché di qui , e di là huotrmn grauiflimi entrano in^* campo , parte della detta difciplmafautori.par» te auueifari . Ma io con buona pace di tutti per la decifione di quefta difputa à sì facta di. ilintione m’appigiio, che quella Mulica foli_, fi) da tiprÉderfì,la qual con numeri lafciui, con note laide, e con accenti brutti, e difconuene- woli prouoca gl’arumi humani à inouimemi di- fordtnati, e dishonrfti. Quella si, che come meretrice sfacciata, {limolatrice de’fsnG , allettati ice delle voluttà, &allagiouentù per la più inclinata al male oltremodo noceuole^ee da_j noi con ogni ftudio fuggirfi. Quefta è la perfida Ciree , quefta è l’ Àìcina , quefta c 1’ Armida , che con i fuoi magici vezzi, e iufinghe incanta l'huomo , maflìme quando con li_j Potfìa efcena è congiunta le quali due compagne , à gtiifa delle due iuceftuofe fi<jliucle_> di Loth , del dolce vino de! diletto , edclla_j luiTufia inuebriandolo, l’inducono à preuari- eare. Quefta (dico ) Buzzicando il pizzicore.! dell’appetito, de fta gl’mcentiui languenti,i gelati raccende, e dsll'antiche piaghe del peccato già per la confezione faldate , ftrofinando, e flrooicciandofi le cicatrici, le infillolifce in_j j.u-fa , che rnalageuole ne diuienela cura_j, percioche sì come i chiodi vnti d’olio s’algore «'legni più facilmente , elefaette intinte di velino fanno più pericolofa la ferita , cosìi

  • erfi poetici morbidi ,& impudici, conditi della melata dolcezza del canto, quafi di vcleno-

fo vnguemo infufi, fi rendono pili atti à ferire sii