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una così profonda significazione, da lasciarmi nella mente inesperta l’impronta incancellabile della loro misteriosa gravità.
Ed una volta — ricordo — eravamo rimaste sole tutto il giorno. Mia madre aveva lavorato ad accomodare certi panni, ormai consunti, per sé, per me. Tristemente la giornata era passata, né io, bimba, aveva osato giuocare con le mie vecchie bambole, nell’apprensione istintiva di una grande sventura.
L’ora del pranzo era sopraggiunta, intanto, e la serva — una sciatta e volgare donna — ci aveva chiamate in tavola. Non so che cosa ella ci ammannisse: so ch’io non mangiai, tanto erano quei cibi grossolani e ripugnanti. Mia madre aveva osservato il mio visino pallido, le mie membra grame ed era rimasta colpita al vedermi così meschina, quasi la fame mi avesse impedito di crescer forte e rigogliosa. Con subita energia ella aveva chiamato la serva, ordinandole di prepararmi una crema, qualcosa che mi piacesse e mi dasse nutrimento — e nella sua voce era un