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ad uno stanco della vita, per ristoro, per conforto. Occorrono ideali, occorrono luci — cose alte e supreme ed intangibili, occorrono. Ed io sono stanca e solitaria ed oscura è la mia anima: nessuna virtù divina la guida più o la illumina: non Fede, non Speranza, non Carità. Su quale proda amica deporrei io, dunque, la mia povera anima, che già precipita nell’ultimo nulla?
Ti scrìvo, Edoardo mio. Il più lacrimevole ed insieme il più sozzo romanzo ha generato la tua e la mia vita. Ma tu sei uomo e tu hai potuto scuotere dalle tue spalle il peso di lacrime e di fango. Io no. Io ho dovuto portar sempre con me il triste fardello della mia nascita: le miserie fra le quali nacqui — e dalle quali il mio piccolo cuore sorbì i primi sorsi della incancellabile amarezza — sono state sempre sopra me come un anatema ed entro me come una piaga.
Ma tu, tutti questi particolari non li sai. Fratelli noi siamo, sì. Ma quando mai le nostre in-