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senza l’ombra di una esitazione, senza l’ombra di un dubbio. Non era quella la felicità? Non era quello l’amore? Non era — finalmente, finalmente ! — la certezza di ritrovare la sensazione genuina, vergine, acuta come uno strazio, e dolcissima come una voluttà? Perchè, dunque, avrei esitato? Non avrei io commesso un delitto, esitando? La vita precedente, la ricerca precedente non mi aveva essa dato abbastanza lacrime ed abbastanza delusioni? Ed io doveva lasciar trascorrere l’onda, che veniva a me e che voleva dissetarmi ? Doveva lasciar disperdere l’ossigeno, che alitava intorno alla mia testa e che voleva discendere nei miei polmoni e vivificarli?... Eh via! io non avrei saputo perdonarmelo mai... mai!.. E neppure ora, vedi, io me lo perdonerei; ora che io muoio per essermi troppo tuffata in quell’onda ed aver troppo bevuto di quell’ossigeno!

Ed ecco, Paola mia, ch’io sono al fine della mia lettera. Quante cose dovrei dirti ancora! Per