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una carrozza e, poco dopo, io premeva il campanello della casa di Viviana.

La domestica mi aprì.

— La signora?...

— L’aspetta....

Un grande silenzio, una grande oscurità, un’aura pregna di morte. Il cuore cessò di pulsare. Sentii che tutto stava per finire.

Ma sulla soglia della camera immota, già come una tomba - io mi arrestai agghiacciata d’orrore.

Viviana posava distesa in uno dei letti gemelli, di cui l’altro era sparito. Sotto la coltre leggera, quello, che era stato uno dei più perfetti corpi di donna, si disegnava a mala pena, così la magrezza l’aveva ridotto quasi ischeletrito. Il viso di cera, e profondamente incavato, si affondava fra i capelli disciolti, d’improvviso incanutiti. Le mani scarne stringevano convulse un fazzoletto ed alcune tuberose. L’aria della stanza pareva di piombo: satura di profumi acuti. In fondo al letto, sui piedi della morente, un grande