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trambe maritate, entrambe donne, sebbene avviate su vie diverse: Viviana, la signora che ozia senza essere doviziosa — io, la lavoratrice che si accanisce senza essere miserabile. Ci eravamo ritrovate con grande gioia e, con grande tenerezza, avevamo riallacciato i legami di amicizia — benché, costrette dalle esigenze famigliari, non ci fosse concesso di abitare la medesima città. L’attiva corrispondenza, e non infrequenti visite, avevano supplito. Ma quante inevitabili lacune nella intimità della nostra relazione! Quante incognite, fra una lettera e l’altra, quante parole, quanti gridi, quanti singhiozzi che restavano inespHcabili ed inesplicati, per difetto di osservazione diretta!

Questo era il tormento massimo, Tincognita più torturante del mio viaggio. Che cosa poteva saperne io, di veramente profondo, della vita di Viviana?

La vita di una donna è sempre misteriosa — tanto è essa materiata, più di imponderabili sogni, che non di tangibili realtà. La vita di una donna tiene troppo direttamente alla sua anima, perchè,