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l’inizio, nell’altro l’annunzio non mi sarebbe venuto da lei, ed in termini quasi perentorii:
― Io muoio. Vieni.
L’appello vibrante, e pure sereno, sembrava partirsi da una lucidità, non da uno smarrimento.
Entro le poche parole si sentiva vibrare una intelligenza, a cui i dolori della malattia e le ansie della morte non avevano tolto alcune delle sue forti prerogative di vita. - Io muoio annunziava l’appello, come affermando: io so che nulla mi può salvare. Vieni comandava l’appello, come imponendo: tu non devi frapporre indugio. Affermazione e comando, che muovevano da una consapevolezza a cui niuna illusione fa velo, nulla speranza dà abbaglio, da una consapevolezza, che consegue da un fatto ponderato e voluto.
Ma io conoscevo Viviana da molti anni, e, se bene costrette dalla lontananza ad appagarci di non troppo frequenti visite e di lunghe corrispondenze, io credeva di possedere a pieno l’anima sua. Sapeva quanta bontà, un po’ bizzarra forse, ma vera, quanto sentito amore di vita, quanta