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unica e grande — cosi grande, che a creatura vivente non è concesso goderne senza che il suo miserabile corpo non ne debba soggiacere — resterà nell’infinito la gloria del nostro amore perpetuo, come perpetuo è il moto delle stelle.
Così, in questa fede — che è tutta l’intera fede, che io ho della vita e della morte — io muoio, o mio Fabrizio. — Ma prima di morire, con lo spirito che è vivo e lucido quanto mai, e con le membra, già quasi irrigidite, io ancora una volta mi prostro adorante dinanzi a te e cingo le tue ginocchia con le braccia, che l’amore anima di un’ultima energia. Tu non protestare, o adorato, non ti ribellare: lascia che così si esali l’estremo alito della mia esistenza, e lascia che così si estingua l’ultimo palpito del mio cuore. E non mi prendere con le dolci mani impazienti... non mi tirare su, come facevi nelle nostre divine ore d’amore — non mi far cadere palpitante su te... Tu sentiresti sulle labbra il gelo delle mie, che già appartengono alla morte!...
Ed ecco, che mentre la mia vita finisce, l’at-