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lessi quelle parole, quasi smarrite, quasi vili! ... Tu eri mio, ormai, irremissibilmente mio!. .. Tu mi appartenevi ... Io era riuscita, alfine, ad afferrarti, a trascinarti su me, a farti cadere entro me! ... Nulla e nessuno poteva salvarti più ... neppure la fuga che tentasti ... no, perchè di nuovo tornasti a me, più completamente mio, come se pur da lontano l’incantesimo avesse seguito, anzi, acuito il suo corso.

E il giorno del trionfo venne ... Quel giorno, o Fabrizio, resterà nella mia mente pur dopo la morte. Io lo so ... io lo credo — ed è questa la fede unica, che risplenda dinanzi a me come un sole, mentre sto per inoltrarmi nel buio mistero della tomba. Guai su me ... guai sull’anima mia, se la mia fede fosse vana, se io — di là — non avessi, unico e sconfinato come un gaudio di paradiso, il ricordo vivente di quel giorno!... Tutta la mia vita maledetta, tutti i miei dolori, e le lacrime e gli strazii che ora mi conducono, così disperatamente alla morte, sarebbero stati inutili — ed inutile sarebbe questa morte stessa