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Il cancello della vita si è chiuso, dinanzi a me — ed io non posso andar oltre. Di qua, da questa mia solitudine, che pure è alta più dell’altura del Pincio, io vedo — come già noi quella sera Roma distesa e fiammeggiante delle sue mille luci — il mio passato, ed esso non mi sembra sì bello e sì luminoso ch’io abbia a soffrirne di abbandonarlo per sempre. — Quante plaghe buie, quanti viluppi di edifici confusi, anche nel panorama di Roma! La vita trascorsa si presenta così, quando si muore: una città, vista dall’alto nella notte — fiammelle poche e grandi aree indefinibili, forse di fango.

Addio, Tristano — fanciullo bello e strano ed infelice. — La mia pietà vi segue ancora e vi seguirà oltre la tomba, o figlio mio!

Viviana.