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della compassione di pensarvi forse privo di alcuna cosa necessaria, per pagarvi il lusso di quel grande superfluo, che era il nostro incontro!... E quanto avrei voluto — io che vi dava l’anima e che mi apprestava a darvi anche il corpo, per la misericordia di quelle vostre implorazioni insensate — darvi il mio, pur non pingue, portamonete!... Quante volte, nel seguito, pensandovi oppresso da quelle cosi feroci angustie di denaro, ch’io sapeva mozzare ogni vostra energia ed attristare ogni giornata vostra, quante volte avrei voluto dirvi, offrendovi la mia borsa: — È vostra, Tristano.

Ma come avrei potuto far ciò, senza mortalmente ferirvi, senza sollevare, forse in una catastrofe, tutta la vostra collera, contro la sorte avversa, che v’imponeva anche l’umiliazione di essere povero? — Io non vi offrii mai il mio danaro, dunque, ma vi offrii la mia anima, con lo stesso sentimento profondo di carità. E quando, quel mattino, io mi recai da voi, nella modesta camera d’albergo, una sola cosa mi guidò: la pietà della vostra infelice giovinezza.