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— No, no — risposi e sorrisi, al pensiero della mia Roma diletta, verso la quale tante dolci e tormentose cose e tanti affanni crudeli mi chiamavano ineluttabilmente — No... Io sto a Roma... Son qui di passaggio....
Una infantile aria di cruccio, una adorabile mossa di broncio nella vostra bella e grande bocca sanguinosa, ed una infinitamente cara ingenuità nella domanda:
— E allora?...
— E allora... — dissi io, un po’ ridente ed un po’ triste — e allora... addio....
Diveniste più pallido, ed anche l’oro della vostra guancia sembrò oftuscarsi. Vi guardaste d’attorno, con l’ansia di chi cerca, nel vuoto, l’appoggio sperato e mancatogli di un tratto.... poi imploraste piano:
— Un’ultima grazia... La mano....
Ve la porsi, maternamente. La prendeste e la guardaste e la rivolgeste verso la palma — poi, più rapido del pensiero, la portaste alla bocca e le vostre labbra si affondarono, ingorde, nella