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prescienza della carne, che dice in cospetto di un’altra: Noi saremo nostre?...

In quel mattino triste d’inverno, in quelle squallide sale tappezzate di ricchissime tele, a noi parve che l’ora trascorresse infinitamente azzurra e dolce, e lievemente punteggiata di sole. Una grande tenerezza agitava le mie viscere di donna, che non era stata madre: la tenerezza della madre, che è donna, e che si curva tutta pietà e tutta amore verso l’adolescenza, che avrebbe potuto quasi esserle figlia. Voi, forse, lo sentiste nelle mie pacate parole di conforto, e l’improvviso fuoco del maschio si distese entro un viluppo di sentimenti quasi di divozione. Non avevate voi venti anni ... e non aveva io già, presso la tempia, qualche sottile filo bianco?..

Ed anco l’ora passò. Guardai l’orologio: il tempo di tornare all’albergo e di partire. Io ve lo dissi, alzandomi in fretta. Oh il lamento della vostra anima, nelle semplici parole di meraviglia!.. Diceste:

— Partire?... Ma come?... Firenze?...