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un gelo, una sensazione di umido fin nelle ossa, una tristezza di stagione e di ambiente, un vuoto del cervello e del cuore e delle stanze, così gravi e così pungenti, da disanimare il più accanito feticista dell’arte.

Alungo mi aggirai noiata, ed anche stanca, mentre il pensiero andava con desiderio quasi tormentoso alla comodità, al tepore, alle poltrone, ai fiori della mia casa, alla vita agitata e rumorosa della mia Roma diletta.

Infine, per riprender lena e, forse, per pensar meglio a mio agio, sedetti sopra un grande divano centrale e stringendomi nel mantello, rimasi immobile, fissando senza vederla, una tela qualsiasi.

Né, nella mia preoccupazione noiata, mi avvidi di un uomo che sedeva sullo stesso divano, volgendomi le spalle. Ma, dopo poco, un sommesso brontolìo, un agitarsi, uno strusciare dei piedi impaziente, mi fece volgere il capo.

Al movimento, il portamonete che teneva sulle ginocchia scivolò e cadde — e, nell’urto, si aprì spandendo a terra tutte le monete.