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troppo sciocca, incapace quindi di interessare a lungo la vostra incostante sensualità.

E pure ciò non fu, completamente. Improvvisa, come la folgore, una crisi politica scoppiò, e voi doveste ripartire in fretta per il vostro collegio a curare la rielezione.

Con quale tortura, con quale sgomento io mi destassi dall’ebrezza, che mi accecava, non ve lo dissi, allora. Tremai che voi ne rideste un po’, come di una puerilità di donna innamorata, al di là di quanto è utile, e logico, e piacevole amare. Ma il mio silenzioso dolore, e l’ultimo bacio, che vi offrii con le labbra tremule di pianto frenato, dovettero dirvelo per me e commuovervi. Il fatto è che, malgrado le assorbenti cure, ed i viaggi, ed i discorsi, ed i banchetti che vi prendevano tutte le ore del giorno, ed anche molte di quelle della notte, voi mi scriveste quasi giornalmente, e cosi diffuse lettere, e così piene di tenerezza, quasi nostalgica, ch’io ne provai rinnovati tutte le gioie ed i trionfi dei nostri convegni.

Ah!., quelle lettere vostre, Riccardo!... e quelle