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natezza, che è stato sempre una delle più indeclinabili tendenze del mio spirito — io era uscita dalla prova senza troppo danno, ed, anzi, con il vantaggio di una tale arsione di vita e di godimento, congiunta ad una così agreste ingenuità dei modi, onde attutirla, che non mancava di fascino.
Vostra cugina, invece, era una ormai vecchia esperiente, non fine, non complicata: fors’anco, invece, un po’ rozzamente semplice, ma pratica della vita, e della vita della città — sempre in moto per mille faccende: le compere, il teatro, le toilettes. La simpatia, che ci unì, fu molto fatta di ciò: la mia inesperienza che domandava consigli, e la sua esperienza, che si piaceva di darne — così ch’io era spesso in sua casa, amichevolmente. Il vostro ritratto lo vidi un giorno troneggiare nel suo salotto — ed ella mi spiegò subito, con abbondanza, ogni particolarità dell’essere vostro. Non si ha, borghese, un cugino così nobile e così in alta situazione, senza sentirsi quasi investiti da un riflesso della sua gloria. Voi, nella