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Io domando a voi, Massimo, che cosa può importare a me, che uno psicologo qualunque mi metta nella categoria dei pazzi: anzi, dei peggiori pazzi — quelli che non sanno di esserlo, quelli che, anzi, si piccano di ragionare! ... Io vi giuro, povero amico, che io non me ne curo, proprio, in alcun modo. Vada, dunque, per la pazzia! ... Ciò potrà, tutt’al più, convincermi della bontà della mia risoluzione. Non v’è bisogno d’altri pazzi nel mondo: e meglio è sfollare un poco!
Ciò, che potrebbe stupire un po’ gli psicologi, e trarli un po’ fuori della via della loro imperturbabile sicurezza, è la coscienza limpidissima, che io ho dell’esser mio, quale è ora e quale è stato. Benché ignorante, benché soltanto conscia di quel poco, che gli scienziati stessi hanno buttato qua e là per le gazzette e pei libri — cosiddetti „ popolari „ — pure, in virtù forse della mia intelligenza, conosco abbastanza l’arte di notomizzare una psiche — la mia. Voi avete potuto constatarlo, anche in questa mia lettera — la quale, benché scritta sotto gli spasimi di un male divorante, e nelle strette di una