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io sono pazza, ora, addirittura. E sarà. Io, certo, non mi vanto di far cosa savia. Io non mi vanto — oh, povera donna sensitiva! — né mi son mai vantata di alcuna cosa. Agisco secondo il mio cuore parla, e secondo il mio cuore crede, e dice, che la mia ragione imponga. Questa ultima illusione è, forse, un errore da aggiungere agli altri ma non perciò è essa meno sincera.

Nell’ora gravissima, che mi accerchia come una muraglia di ferro, io non ho atteggiamenti da prendere, come non ho della scienza da fare. A me non importa di farmi credere vittima, e di comporre la mia morte, come una scena ben riuscita — come non mi importa di sapere se la scienza darà ragione, o torto, all’ultimo atto della mia volontà. Tutto questo è estraneo a me — infinitamente.

Tanto vero, che nessuno sa ch’io muoio per volontà mia — e che, anche dopo la mia morte, pochissime persone lo sapranno. Nessuna idea è in me, dunque, di far del rumore attorno alla mia persona; di richiamare, attorno alla tragedia, gli