prendere, con un esempio, quanto fatale sia stato a me stessa, quello strano fascino di femmina e di donna, che da me si è partito ad avviluppare gli uomini. Cotal dono, veramente prezioso, è, senza dubbio, sorgente di infinite soddisfazioni d’amor proprio — ma, al tempo stesso, è ragione di errori e di pene senza fine. E l’abisso del continuo spalancato ai piedi: cento volte si eviterà di cadervi — ma dieci volte vi si precipiterà. E questo naturalmente — e specialmente — quando nulla dà aiuto sulla sponda, quando, nel balenare del pericolo, manca un sostegno qualsiasi, a cui aggrapparsi. Ora, voi lo sapete, mio caro amico — voi che siete così schietto ateo — io non sono atea: io sono soltanto, ma nel profondo, pagana. Adoro una quantità di cose e le considero come la sorgente di ogni mio bene. Adoro la vita — e di molte cose, che la vita mi ha dato, io ne ho fatto altrettante divinità, cui ho sacrificato senza posa, con tutto il fervore dell’anima. Questa religione, però, non era tale da potermi arrestare sulla via, così imperiosamente traccia-