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Io avevo scritto «Le confessioni di una figlia del secolo» per la ragione più anodina, fra tutte le ragionì che possano incitare uno scrittore: perchè un editore mi aveva chiesto un lavoro. Bisogna convenire in verità, che non si poteva essere meno alati di così.

Ma quando, dopo poco tempo, il volume comparve, la più stupita di tutti fui io. Il volume «faceva rumore», come si dice. Pubblico e critica vi si appassionavano, — quello, facendo in breve scomparire la prima edizione; questa, tartassando in tutti i modi, non esclusi i modi elogiativi, l’autrice. Era insomma un «successo librario», – sempre come si dice.

Dal mio cantuccio — ove vivo, metà ridendo e matà imprecando — io mi diceva: «Toh! toh! toh! guarda un po’ quanto baccano! Ci avrei, dunque, davvero, «azzeccato»? Sarei dunque davvero, «caduta a picco» in una di quelle gore, che paion morte perchè l’acqua stagna, ma che invece, non appena un ciottolo le percuota, scatenano tutte le voci e tutti i guizzi della più intensa vitalità?».