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stata cosi svillaneggiata, da tutti gli animaleschi effluvi dei vostri parrocchiani — quando usciva sul sacrato e, largo per la campagna verde, io vedeva diffondersi il sole e sentiva l’aria vibrare, ed udiva levarsi d’ogni intorno l’inno della natura, ben altrimenti possente e glorioso dei cantici vostri ... allora io doveva frenarmi per non gettare un grido di osanna, un grido, che entro il grande inno, fosse la nota della mia giovinezza, fosse il do di petto della mia virtuosità di artista della vita! ...

Alcune volte, soltanto, io ho sentito qualcosa nella vostra chiesa — ed è stato quando essa era chiusa per tutti e quando io vi penetrava, passando per la canonica. Era, solitamente, l’ora del tramonto — l’ora che, anche nella natura, conduce un senso di malinconia e di raccoglimento. Io sgusciava allora nella chiesetta immota, in cui solo palpitava, come una viva lucciola, la fiammella della lampada dell’altare. Seduta in qualche angolo, i miei occhi guardavano le meschine e volgari cose, che l’adornavano, e ad essi pareva di