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se tal domanda aveste fatta a me, io vi avrei potuto rispondere che, nei conventi, non si impartisce educazione religiosa — vale a dire che non si prende un’anima, per studiarla, per vederne le buone e le male disposizioni, per fortificar quelle e dissipar queste; per cercare di scendere con l’amorevole ed illuminata persuasione entro quell’abisso e riempirlo di sante e buone cose. In convento nessuno si cura di ciò. Vi imbrancano, qualsiasi siate, nel gregge; vi fanno inghiottire, a forza, quel cibreo indecifrabile che ha il nome di catechismo; vi impancano in un confessionale; vi inchiodano in un coro; vi insufflano una miriade di preci in lingua ignota, che vi obbligano poi a ricacciar fuori, or qua or là, mangiando e lavorando, in chiesa ed in letto. Questa è l’educazione religiosa, che si dà nei conventi — quando non vi si imparino cose peggiori: i brutti intrighi, le ipocrisie ripugnanti ed anche, per colmare la misura, i pasticcetti amorosi, semi nascosti e semi veduti, che deflorano se non altro la verginità dello spirito.