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Ricordate, don Flaminio, quel giorno? Ne mancavano pochi altri alla festa dell'Assunta, quando mia zia, ossequente alle regole della creanza, mi condusse da voi. Non era neppure una settimana da che io mi trovava nel paese, e già una grande angustia di spirito mi teneva assediata. Benché usa, purtroppo, alla ristrettezza d'ambiente ed alla vita monotona del monastero, pure amara infinita- mente mi pareva la necessità di seguitare, sotto altra forma, la mia reclusione. Non si hanno invano, ahimè! venti anni; non ci si sente invano ribollire entro le vene tutte le baldanze e tutti i desideri!... Ed il mondo, che io non aveva quasi neppure travisto, mi sembrava l'oasi che il viaggiatore scorge in un miraggio, l'oasi verso cui egli tende le mani disperatamente, nel mentre, caduto sulle ginocchia, egli affonda senza spe- ranza nella rena del deserto. Laggiù ... laggiù, in quell'orizzonte nebuloso ed agitato come la vertigine di un pazzo, eran tutte le delizie e tutte le follìe: la giovinezza e l'amore e la gioia e gli orgogli e i trionfi. Laggiù, soltanto laggiù, io avrei