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vorrai, suppongo, convenirne — se, esteriormente, poco ne apparve del nostro disagio e se, forse, soltanto qualche uomo d’affari seppe che, in realtà, noi ci reggevamo per miracolo di equilibrio.

Ma tu non potevi rassegnarti. Il dispetto della sconfitta, l’invidia pe’ tuoi competitori, l’impazienza dei mezzi insufficienti a riprendere su larga scala gli affari e, con essi, la rivincita — ti riempivano d’ira. Passavi le giornate, rodendo il freno ed imprecando e meditando la scoperta del rimedio. Ben m’accorgeva io, in queste mute ore di collera, che tu mi guardavi con occhio stranamente acceso... Ma il tuo sguardo aveva avuto sempre di tali accensioni concupiscenti, quando si posava su me, ed io pensai che — per una qualsiasi reazione della carne, contro gli accasciamenti dello spirito — tu provassi più acuta quella, già acutissima, attrattiva che mi aveva dato tanti avvilimenti, ma contro la quale aveva ormai, da un pezzo, cessato di lottare.

Dovess’io vivere mill’anni non dimenticherò mai quel giorno.