Pagina:Le confessioni di una figlia del Secolo (1906).djvu/136


— 128 —

che nei miei infiniti sogni di esiliata e di fanciulla, io aveva accarezzato. Certo questi sogni mi parevano ora, al confronto della realtà, eccessivamente romanzeschi, ed io sarei stata — con pieno ed intimo buon volere — pronta a ridurne le proporzioni a più modeste apparenze. Ma tu eri ancor troppo lontano dalla mia pur più modesta esigenza — io, che aborrivo i grassi ed i calvi!

E pure ci sposammo. Si rinnovava, per me, il comunissimo dramma di tante giovinette. Perchè avrei io preteso, che il destino di noi, donne di questo tempo, mutasse, in mio prò, faccia e colore? Anzi, se qualche corollario mi consolò, in quei giorni di incertezza irosa, fu la certezza egoistica di saper ch’io non era la prima, come non sarei stata l’ultima, nella lunga catena delle vendute.

D’altronde tutta la famiglia si era unita, in una premura che pareva furore, a patrocinare la tua causa. A udirla, tu avevi tutte le doti — sopra tutto la dote. Eri ricco. Proprietario di una prosperosa fabbrica. Uomo posato. E.... innamorato.