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rato nel buio, sorgere a mille i mostri dalle faccie contorte. Anche a me, quella volta, balenò un orribile mostro che ammiccava, ridendo con la larga bocca. Ed, alla vista, un infinito terrore mi prese che esso allungasse verso me le mani adunche... E piansi... piansi!.. Ma allora io aveva venti anni.
Ora, che ne ho parecchi troppi! — di più, la morte non mi spaventa, poichè ella non mi si presenta in sembianza di mostro divoratore, ma piuttosto di una pallida amica, benigna e pacificatrice. Essa mi sembra aprire le braccia, e mostrarmi il magro seno, come invitandomi a posar la stanca testa, che già il dolore, più che il tempo, va segnando delle stigmate incancellabili della decadenza. E però io non ho paura della morte, anzi la guardo tranquilla, anzi le sorrido, anzi la benedico forse!
E, forse, anche la chiamo, e con tanto ardore, con tanta affannosa insistenza la chiamo, ch’io penso che ella non vorrà mostrarsi sorda e mi concederà la pietà della sua condiscendenza.