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mai fino a sfamarsi, era diventata, al nuovo sano regime, una fanciulla allegra, e soda come una pesca duracina. I colori della salute mi tingevano le guance e le labbra, gli occhi splendevano di vivacità ed io mi sentivo esuberante — di forza e di giovinezza, — pronta a sedermi a quel non mai abbastanza proclamato banchetto della vita, di cui dietro le mura del convento vedeva biancheggiare l’abbacinante tovaglia. Un grande desiderio di vita, di amore, di gioia mi ribolliva nel sangue e rifluiva, in un torrente, per le mie parole, per i miei atti. L’orgoglio della mia femminilità, giovane e bella, mi gonfiava il cuore e dava ai miei nervi vibrazioni di una potenza meravigliosa.
Che cosa mancava ancora al mio trionfo? ... Una inezia: che l’uscio del convento si aprisse dinanzi al mio passo, come la porta di una chiesa dinanzi ad un corteo nuziale ... E l’uscio si aprì.
Subito la realtà mi afferrò e mi morse viva nelle carni. Io non sarei andata con mio padre — con voi — con te.
Una mia vecchia zia si prendeva cura della mia