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capitolo decimosecondo. | 89 |
voi, sicuro, dignitoso e guarito! Dite dove s’ha da andare, io son pronto!... — Partiremo domattina per Milano; riprese Lucilio. Là vi sarà un fucile per ciascuno di noi; ad un soldato non si domanda se è malato o sano, ma se ha forza d’animo e di volontà!... Giulio, te lo accerto, non morrai tremando di paura e desiderando la vita. Abbandoneremo insieme questo secolo di illusioni e di vigliaccherie, per ricoverarci contenti in seno dell’eternità!...
— Oh io pure, — sclamai, — io pure partirò con voi!... — Strinsi la mano al dottore, e buttai le braccia al collo di Giulio come ad un fratello. Era così sorpreso e commosso, che nessuna sorte vedeva migliore di quella di morire con tali compagni.
— No, tu non devi partire per ora; — soggiunse dolcemente Lucilio. — Tuo padre ha altri disegni; ti consulterai con lui chè ne hai stretto dovere. Quanto al mio, ricevetti oggi stesso l’annunzio della sua morte. Vedete bene che son solo oggimai; nudo affatto di quegli affetti che racchiudono una gran parte di nostra vita fra le pareti domestiche. Per me gli orizzonti si allargano sempre più; dall’Alpi alla Sicilia, è tutta una casa. L’abito con un solo sentimento che non morrà mai neppure colla mia morte. —
Una memoria del monastero di Santa Teresa attraversò, come un lampo, gli occhi di Lucilio mentre proferiva queste parole; ma non commosse punto il suono tranquillo della sua voce, nè lasciò orma alcuna sulle sembianze di melanconia o di sconforto. Ogni affanno scompariva in quella superba sicurezza d’uno spirito, che sente in sè qualche parte d’eterno. Ci separammo allora; i commiati severi, senza rimpianti, senza lagrime. Negli ultimi nostri discorsi non trovarono posto i nomi della Clara e della Pisana. E sì che a tutti tre, anche a Lucilio ne sono certo, un amore sventuratissimo dilaniava le viscere. Essi n’andarono verso l’ospitale, divisando mettersi in viaggio il mattino all’al-