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stro di Francia fu ammesso più d’ogn’altro all’intrinsechezza della bella visitatrice, non partecipò, per quanto mi pare, a codesto invasamento generale. Egli studiò in Giuseppina non la donna ma la moglie; da questa indovinò il marito, e il pronostico che ne trasse per la nostra sorte che stava nelle sue mani non fu molto favorevole. Si confermò più che mai nella sua profonda disperazione; e lo vidi a quei giorni più tetro e misterioso del solito. Gli altri ballonzolavano tutti che parevano alla vigilia del millenio. Municipali, capi-popolo, ex-senatori, ex-nobili, dame, donzelle, abati e gondolieri s’affollavano dietro la moglie del gran capitano. La bellezza può molto a Venezia; essa potrebbe tutto quando fosse avvivata internamente da qualche alto sentimento, e ce ne diedero tempi più vicini una prova. Le donne fanno gli uomini, ma l’entusiasmo improvvisa le donne anche dove l’educazione non ha preparato che delle bambole. Più volte facendo codazzo alla Beauharnais, o nelle sue anticamere, la Pisana e il suo frollo sposino mi passarono rasente il gomito. Io ne guizzava tutto, come se mi rovesciassero una catinella d’acqua sul dorso; ma mi sovveniva della mia dignità, delle raccomandazioni di mio padre, e mi faceva pettoruto e disinvolto per attrar l’attenzione dell’ospite illustre.

Essa infatti mi osservò, e la vidi chieder conto di me a Sua Eccellenza Capello, che le reggeva il braccio; si parlarono sottovoce, ella mi sorrise, e mi porse la mano che baciai con molto rispetto. Così si trattavano allora le mogli dei liberatori, con bocca devota e ginocchi piegati. Gli è vero che quella mano era così paffutella, così morbida e perfetta, da fare uscir di capo che la appartenesse ad una cittadina; molte imperatrici ne avrebbero desiderato un pajo di simili, e Caterina II non le ebbe mai, per quanti saponi ed acque nanfe le componessero i suoi distillatori. Allora io diventai, dico dopo quel bacio, un personaggio