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capitolo ventesimoterzo. | 593 |
all’oceano immenso infinito, e infinitamente tranquillo dell’eternità. Non veggo più i miei nemici sulla faccia della terra, non veggo gli amici che mi hanno abbandonato ad uno ad uno, velandosi dietro le ombre della morte. De’ miei figli chi se n’è andato con generosa impazienza, chi si è scordato di me, e chi rimane al mio fianco per non farmi disprezzare i beni sicuri di questa vita, mentre aspiro agli ignoti e misteriosi dell’altra. Ho misurato coi brevi miei giorni il passo d’un gran popolo; e quella legge universale che conduce il frutto a maturanza, e costringe il sole a compiere il suo giro, mi assicura che la mia speranza sopravviverà per diventar certezza e trionfo. Che deggio chiedere di più?... Nulla, o fratelli!... Io piego la fronte più contento che rassegnato sul guanciale del sepolcro, e godo di vedersi allargar sempre più gli orizzonti ideali, mano a mano che scompajono i terrestri dalle mie pupille affralite.
O anime mie, sorelle di sangue, di fede e d’amore, trapassate o viventi, sento che non è finita ogni mia parentela con voi!... Sento che i vostri spiriti mi aleggiano carezzevoli d’intorno, quasi invitando il mio a ricongiungersi col loro aereo drappello... O primo ed unico amore della mia vita, o mia Pisana, tu pensi ancora, tu palpiti, tu respiri in me e d’intorno a me! Io ti veggo quando tramonta il sole, vestita del tuo purpureo manto d’eroina, scomparir fra le fiamme dell’occidente, e una folgore di luce della tua fronte purificata lascia un lungo solco per l’aria, quasi a disegnarmi il cammino. Ti intravvedo azzurrina e compassionevole al raggio morente della luna, ti parlo come a donna viva e spirante nelle ore meridiane del giorno. Oh tu sei ancora con me, tu sarai sempre con me! perchè la tua morte ebbe affatto la sembianza d’un sublime ridestarsi a vita più alta e serena. Sperammo ed amammo insieme; insieme dovremo trovarci là dove si rac-