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582 le confessioni d’un ottuagenario.

dano passare con tutta confidenza appollaiati sul loro ramo. La mano del fanciullo è meno pietosa e non trema come la mia; egli è intrepido, forte, quasi brasiliano; non serba d'europeo che il colore degli occhi e i bei capelli castagno-dorati; parla il portoghese come lo avesse imparato a balia, e fa vergogna a noi che zoppichiamo ancora nella pronuncia.

Ieri ho ricevuto lettera da casa; ma il papà mi dice di averne scritte otto o dieci, e questa è la prima che mi giunge. Chi sa qual sorte avranno corso le mie? Anche l’ingegnere Martelli mi scrive che è giunto suo fratello, e che andranno insieme a Buenos Aires, chiamati da quel governo per affari coloniarii e militari. Colà gli Italiani hanno buon nome; il general Garibaldi ha lasciato gran desiderio di sè, e si diceva che ne sperassero il ritorno. Se fosse prima di tornare in Europa vorrei passarvi per salutarlo, e con lui anche i Martelli che mi son cari come fossero del mio sangue. O patria, patria, come allarghi i tuoi legami per tutto il mondo! Due nati sotto il tuo cielo si riconoscono senza palesare il proprio nome sulla terra straniera, e una forza irresistibile li spinge l’uno all’altro fra le braccia!...

Villabella, aprile 1852.

Che orribili giorni! Sono due mesi che ci penso, e non mi sono ancora indotto a scrivere sillaba. Oh mi sarei strappato l’anima coi denti, se avessi saputo l’anno scorso quali cose tremende e funeste doveva accogliere questa pagina! — Ella è di là che dorme; la sua mente si è rischiarata, la salute si rinfranca ogni giorno meglio, tornando le rose sul suo bel volto, e gli occhi risplendono fra le lagrime. Qual doloroso spettacolo il freddo letargo e i subiti delirii dei giorni addietro! Ma adesso la tempesta ricade in calma; vince la buona natura, e sento di qui