Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
546 | le confessioni d’un ottuagenario. |
— Grazie, grazie; ma come vedi si pensa ad altro ora che a maritarsi.
— Eh! ti pigli soggezione di queste frottole? — Son cose finite subito, credilo a me!... Noi in America si fa due rivoluzioni all’anno, e ci resta anco il tempo di goder la villeggiatura, e di curar la gotta alla stagione dei bagni. —
La Pisana stava lì con tanto d’occhi ammirando quello stampo singolarissimo di duca e di maresciallo; ond’egli la prese ancora soldatescamente per un braccio, soggiungendo che si compiaceva molto di fermar ancora l’attenzione delle signorine veneziane.
— Eh! ai tempi nostri, eh, Carlino?... Ti ricordi la contessa Migliana?...
— Me ne ricordo sì, Alessandro, ma la contessa è morta da dieci o dodici anni in odore di santità, e noi strasciniamo assai malamente pel mondo i nostri peccati.
— Oh quanto a me poi, se non avessi quest’arpia di gotta che mi assassina le gambe, vorrei ballare la tarantella... Oh Bruto! fratello mio!... eccone qui un altro dei ballerini!... Capperi, come ti sei fatto nero!... Giuro e sacramento che se non fosse per la tua gamba di legno non ti avrei conosciuto. —
Queste esclamazioni furono provocate dalla comparsa di Bruto, che nel suo arnese di cannoniere civico faceva un’assai strana figura, degna da contrapporsi alla macchietta americana del duca maresciallo. Egli dal canto suo non risparmiò nè braccia nè polmoni, e la Pisana, vedendo quei due così abbracciati e bofonchianti, crepava dalle grandi risate. Peraltro se furono buffi in camera, si diportarono assai gravemente fuori; e porsero un bell’esempio di obbedienza militare a parecchi giovani, che volevano esser nati ammiragli e generali. Alessandro, in onta al ducato e al maresciallato, si accontentò del grado di colonnello, e