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samente in Repubblica soffiava un vento pieno di speranza; la rivoluzione minacciò a Vienna, proruppe a Milano, e fu compiuta anche a Venezia nel modo che tutti sanno. In quei momenti, per quanto fossi vecchio, mezzo cieco, e padre di famiglia, certo non ebbi tempo di pensare a’ miei affarucci di casa. Uscii in piazza cogli altri, buttai via i settant’anni, e mi sentii più forte, più allegro, più giovane che non lo fossi mezzo secolo prima, quando avea fatto la mia prima comparsa politica, come segretario della Municipalità.

Si armava allora la Guardia Nazionale, e mi vollero far colonnello della seconda legione; senza consultare nè gli occhi nè le gambe io accettai con tutto il cuore; richiamai alla memoria tutto il mio antiquato sapere di tattica militare, misi in fila e feci voltare a destra ed a sinistra alcune centinaja di giovani buoni e volonterosi, indi me n’andai a casa col cervello nelle nuvole, e l’Aquilina al vedermi incamuffato in una certa assisa che mi dava figura più di brigante che di colonnello, fu per cadere in terra per un repentino travaso di bile. Checchè ne mormorasse la moglie, mangiai all’infretta un boccone, e tornai fuori ai miei esercizii; vi giuro che non mi sentiva indosso più di vent’anni. Soltanto la sera, quando mi ridussi a casa verso la mezzanotte, dopo aver subìto le più gran rampogne che possa soffrire una buona pasta di marito da una moglie bisbetica, chiesi che ne fosse di Giulio, il quale io lo aveva cercato indarno qua e là per tutto quel giorno. Non lo avevano veduto, non ne sapevano nulla; e fu un nuovo appiglio all’Aquilina per tornar daccapo cogli strapazzi. Peraltro io era troppo inquieto sul conto di quel giovine per badare a lei: la condotta tenuta in fino allora, l’indole superba e violenta lo esponevano ai più gravi pericoli, e dopo molte considerazioni e un’altra mezz’ora di aspettativa non potei trattenermi, ed uscii in cerca di