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capitolo ventesimosecondo. 539

pentirà del fallo commesso, e farà fermo proponimento di non ricadervi mai più.

— Fidati della sua religione! — le risposi io. — Ti dico che è tutta apparenza, ed ora tocchi con mano lo sbaglio gravissimo di non armare la sua coscienza con altri motivi di ben fare che non sono i Comandamenti puri e semplici!... —

L’Aquilina cominciò ad inalberarsi, io a tempestare; e perdemmo di vista la Pisana per litigare fra noi due; ma io me ne risovvenni, per raccomandarle di adoperarsi intorno alla fanciulla con molta prudenza, e poi me n’andai sperando che l’istinto materno l’avrebbe condotta assai meglio del suo accorgimento di bigotta. Come infatti mi parve che fosse sulle prime; chè trovai giorno per giorno la ragazza migliorata d’assai; e benchè continuasse sempre un po’ frivola e scapata, pure non usava più arte veruna per comparire diversa. La vergogna le avea fruttato bene; ma anch’io io aveva adoperato destramente di non ribadirle l’impostura, mostrandomi troppo scandalizzato della sua naturale leggerezza. Così sperava che se non una donna forte ed esemplare, una sposina discreta e come tutte le altre ci verrebbe fatto di cavarne. Peraltro mi ficcava sempre più in capo che bisognava allettarla con quello che le piaceva; e se ci fosse capitato un giovine bennato, che allo splendore dell’apparenza unisse la bontà della sostanza, io avrei ceduto l’educazione a lui quasi sicuro che sarebbe riuscito a buon fine, e che di lì a qualche anno avrebbe avuto una moglie secondo i suoi desiderii. Nessun miglior maestro dell’amore; egli insegna anche quello che non sa.

Mentre la strana condotta di Giulio e la dubbia conversione della Pisana mi tenevano col cuore sospeso, le dimostrazioni in piazza prendevano per tutta Italia un tenore più fiero e guerresco; dalla Francia mutata improvvi-