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capitolo ventesimosecondo. 529

— Eh, nulla! — diceva io fregandomi il mento.

— Nulla, nulla!... Credi che io non capisca i tuoi attucci da censore malcontento?... Ma via mo, sentiamo che avresti ad osservare sul conto della Pisana!... Non è bella e perfetta che pare un angelo?... Non ha due occhi colore del lapislazzulo, che dinotano un’anima candida ed amorosa, e colorito e capelli e statura che a scegliere non si potea fare di meglio?... Non è fornita di buon ingegno, e di modi riserbati e gentili come si addicono ad una zitella? Non è divota come un santino, umile ed ubbidiente poi che sembra un agnello? Dove vorresti trovare una figliuola più esemplare?... Io per me torrei di essere un giovine per poterla sposare; e fortunato tre volte quello cui toccherà una tanta fortuna, ma ci guarderò tre volte prima di dargliela.

Io non rispondeva nulla e lasciava che si sbizzarrisse nel suo panegirico; soltanto accennandole di parlar piano quando sospettava che la ragazza fosse nella camera vicina, e stesse anche origliando come qualche volta io l’aveva scoperta.

— Orsù, dunque! — continuava l’Aquilina — non istarti lì ingrugnato che pari una statua!... Sei forse padre per nulla?... Dacchè non hai più negozi in piazza, e mio fratello sgobba per te in campagna, sei diventato il più gran disutile che si possa immaginare!... Non sei buono ad altro che ad impancarti in un caffè, a legger le gazzette e fors’anco, Dio non voglia, a chiacchierare senza prudenza con qualch’altro vecchio matto e a comprometterti.

— Aquilina, se si potesse, ti giuro che parlerei sovente, ma...

— E cosa faccio ora dunque?... Non ti dico di parlare? Non ti esorto da un’ora a palesare le tue osservazioni? Non son qui anche con troppa pazienza ad ascoltarti?...